1via Vittorio Veneto 105

Un portale nel portale che s’inserisce in continuità con il muro formato da pietre del lago e delle valli (beola, serizzo, granito). Il primo portale, alto cinque metri, è formato da semicolonne in serizzo, capitelli corinzi in granito bianco di Montorfano e trabeazione classica suddivisa in architrave, fregio e cornice.
Il secondo portale ha pilastri e architrave in serizzo sui quali poggiano due statue raffiguranti leoni in posizione eretta che sorreggono gli stemmi della famiglia Della Valle di Casanova.


Una principessa romana, un protagonista dell’arte del Novecento, una passione rapinosa, la prima guerra mondiale, un tragico incidente – e un fascio di lettere occultate per quasi un secolo: una combinazione di elementi che sembrerebbe troppo carica per un romanzo. Ma talvolta la realtà ignora questi divieti. È ciò che ha constatato Marella Caracciolo Chia allorché ha avuto accesso a quanto rimane della passione che legò Vittoria Colonna al pittore Umberto Boccioni.
Quando incontra Boccioni, Vittoria ha trentacinque anni, e da quindici è la moglie di Leone Caetani di Teano. Una unione, la loro, che suggellava il riavvicinamento tra due grandi dinastie romane, e tuttavia non esattamente felice: lei passa gran parte del suo tempo viaggiando per l’Europa;
Leone si occupa delle sue terre di Cisterna o si dedica ai suoi studi di islamistica. Nel giugno 1916, mentre Leone è al fronte, Vittoria, in compagnia del figlio e di pochi domestici, trascorre le sue giornate nella quiete irreale dell’Isolino di San Giovanni, la più piccola delle Borromee.
Boccioni è ospite dei marchesi della Valle di Casanova. Dopo un primo incontro dai Casanova, il tormentato Boccioni e la irrequieta nobildonna si vedranno ogni giorno. Poi, nel corso del mese di luglio, l’artista sarà a due riprese ospite di Vittoria all’Isolino.
L’ultimo soggiorno si conclude il 23 luglio; meno di un mese dopo, il 17 agosto, Boccioni morirà a causa di una caduta da cavallo. Nel suo portafogli verrà trovata l’ultima delle lettere ricevute da Vittoria. E sono state proprio le lettere che i due amanti si sono scambiati a permettere a Marella Caracciolo Chia di scrivere il libro: che non è solo la storia di un amore breve e intensamente vissuto, ma anche il ritratto di un’epoca.
“Quello che c’è tra noi è una profonda realtà, è nato come realtà. Per quanto poco prima ci siamo conosciuti poi simpatizzato, poi… poi c’è il nostro segreto quel meraviglioso crescendo che ci ha condotto di castità in castità alla nostra casta voluttà! Oh! le nostre notti! Il tuo pallore, il tuo smarrimento, il mio terrore la nostra infinita comunione di corpo e di spirito. Divina mia, lo sento che mi vuoi bene; un po’ bene, un po’ più di quando me lo misuravi con avarizia sulla punta del ditino… Rammenti? Come sono tuo! Come ti sono fratello e amico, come ti ammiro, sempre, ad ogni respiro, sempre! sempre!”.

Marella Caracciolo Chia
UNA PARENTESI LUMINOSA
L’amore segreto fra Umberto Boccioni e Vittoria Colonna
Adelphi 2008


Nel 1863 il diplomatico irlandese Peter Browne si fece costruire sulla sommità della Castagnola, in località Castellaccio, poco distante dalla chiesetta romanica di San Remigio, «una casa all’uso svizzero» affidandone la progettazione all’ingegnere Pompeo Azari.
Nel 1896 Sophie Browne, nipote di Peter, si unì in matrimonio con Silvio Della Valle di Casanova, suo primo cugino e amico d’infanzia.
In un ventennio, dal 1897 al 1916, i due sposi mutarono radicalmente l’estesa tenuta avuta in eredità. Il parco un tempo scosceso e roccioso fu rimodellato con ampie terrazze a giardino evocative di un sentimento o di uno stato d’animo: nella parte esposta a mezzogiorno Silvio e Sophie progettarono e realizzarono il Giardino delle Ore, il Giardino della Letizia e il Giardino della Mestizia, sul lato opposto, a settentrione, il Giardino dei Sospiri e quello delle Memorie. Anche il bosco, verso l’ingresso a lago, venne arricchito di rare essenze botaniche e il vecchio chalet Browne fu sostituito con una signorile villa di stile barocco napoletano.
A completa realizzazione del sogno, in un clima di mecenatismo rinascimentale, la villa diede ospitalità e ispirazione a Gabriele d’Annunzio, Isolde Kurz, Richard Voss, Georg Brandes, ai pianisti Emil Von Sauer, Eugen D’Albert, Wilhelm Kempff, al compositore Hugo Wolf e a Ferruccio Busoni che proprio a San Remigio fu ritratto da Umberto Boccioni.

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